L'ESTATE:
racconti, leggende, fiabe
Vacanze in montagna
Alla fine di giugno papà Michele ha lanciato l'idea:
Quest'estate lasceremo l'automobile in garage e partiremo per le montagne con un'asinella.
lo e la mamma restammo senza parole, sicuri di non aver sentito nulla di più bizzarro. Ma dal momento in cui abbiamo « noleggiato» la nostra futura compagna, l'emozione si è a mano mano impadronita di me e d'un tratto ho capito che quella che stavo per vivere sarebbe stata un'esperienza bellissima e indimenticabile.
La nostra avventura ha inizio sotto un cielo blu terso, in Val di Sole, in Trentino. Monto in groppa all'asinella: là in alto, seduto gambe larghe, mi sento
scomodo e malfermo. Ma è questione di poco.
La marcia comincia: davanti c'è mamma Bruna con la cavezza in mano, poi l'asina che noi abbiamo soprannominato «Mussa» e sulla groppa sua ci sono io con le gambe fra le sacche cariche dei nostri bagagli; per ultimo segue papà accompagnato da Lea, il nostro amato pastore maremmano. Ma la vera protagonista è lei, la « Mussa», con il suo sguardo tenerissimo, umido e profondo. Tutti quelli che ci incontrano l'accarezzano, soprattutto i bambifli chèforse mi invidiano un po'. Per giorni la nostra minicarovana si muove lentamente fra alberi e arbusti, costeggia ruscelli e torrenti.
Per tutto il viaggio dimentico i pochi giocattoli che ho con me, occupato come sono, raccogliere bastoni, gettare sassi nei laghetti, mangiare mirtilli
e scalare massi. Ogni sera lasciamo la « Mussa» e Lea nelle stalle con le mucche e entriamo nelle malghe per mangiare e trascorrere la notte. Papà, mamma e io ci stendiamo nei nostri caldi sacchi a pelo e a lume di pila parliamo, ci scambiamo le impressioni sulle cose viste durante il tragitto e sulla cartina controlliamo il percorso che ci attende l'indomani. Ed ecco che al buio, in silenzio, ascolto i suoni della natura: lo scrosciare dell'acqua durante un temporale estivo, il passo affrettato di qualche animale, il vento che muove l'erba e i cespugli della campagna.
(da Airone junior)
La leggenda del girasole
Di Lina Tridenti
C'era una volta uno splendido giardino. Vi sbocciavano fiori meravigliosi d'ogni colore e ricchi di profumo.
Tutte le persone che lo vedevano restavano ammirate e si fermavano a complimentare ogni varietà per il colore, per la forma, per il profumo. I fiori, lusingati da tanta
ammirazione, divennero alteri e superbi.
Avvenne che un giorno, tra gli splendidi steli, si affacciasse uno strano fiore. Aveva uno stelo debole e sottile con una corolla troppo grande e pesante, come un disco
di bronzo.
Al suo primo apparire, i fiori vicini cominciarono a schernirlo.
- Com'è brutto! Senza armonia, senza corolla di petali.
Perchè sei cresciuto qui? Non potevi nascere altrove?
Il povero fiore divenne in poco tempo lo zimbello del giardino. Da ogni aiuola gli arrivavano offese ed esso, senza rispondere, cresceva umilmente, tenendo la corolla
rivolta a terra.
Ma il sole, che da tempo osservava quanto avveniva nel giardino, rideva sotto i raggi, e pensava:
- Vedrete, vedrete voi, piccoli smorfiosi!
Rivolse i suoi raggi piccoli sul fiore, lo fece crescere alto alto su tutti e poi gli disse:
- Tu mi hai amato in silenzio e in umiltà. Alza ora la tua corolla e guardami. Ti donerò un raggio.
Il fiore alzò timidamente il capo e intorno al disco di semi, fiorì una corona di petali, gialli come l'oro.
Tutto il grande fiore rise di felicità e guardò riconoscente il sole.
Non ho finito! - esclamò il grande astro. - Porterai il mio nome e gli uomini avranno bisogno dei tuoi petali per tingere le loro stoffe. I tuoi semi daranno l'olio
e saranno dolce cibo agli uccelli.
Maruf e il dromedario
(Fiaba dalla Tunisia)
C'era e non c'era, in tempi non lontani, un uomo di nome Maruf, che per procurarsi un po' di denaro era capace di qualunque imbroglio, Maruf non possedeva altro al mondo che un dromedario di nome Giamal, intelligente quanto un uomo e forse anche di più, tanto che il suo padrone, era riuscito a insegnargli un bel trucco.Le cose andavano così: Maruf portava il suo dromedario in città e lo vendeva a buon prezzo. Poi l'animale seguiva il nuovo padrone, restava con lui per una settimana e un bel giorno scappava via e tornava dal vecchio proprietario. Dopo un po' Maruf lo vendeva di nuovo e così guadagnava ancora. Ormai, con questo sistema, il dromedario era passato per le mani di una ventina di compratori, ritrovando ogni volta la strada di casa.Giamal, però, tornava dal padrone sempre più in malavoglia perché Maruf non era per niente gentile e, oltre a insultarlo continuamente, ogni tanto gli allungava anche qualche bastonata.Una volta che il dromedario tornò a casa dopo ben cinque settimane, il padrone lo accolse peggio del solito;"Sei qui, finalmente, bestiaccia! Adesso ti insegno io!" E cominciò a suonargliele di santa ragione.Giamal non ci fece troppo caso perché si sa che i dromedari hanno la pelle dura, finché Maruf gridò:"Brutta bestia, sei peggio di un asino!" Ora tutti sanno che i dromedari detestano gli asini e li considerano animali stupidi e ridicoli, perciò Giamal si sentì profondamente offeso e si disse:"Asino a me! Ma se ho una delle più belle gobbe di tutto il deserto, se trotto più veloce di un cavallo! Questa Maruf me la paga, lo giuro sui peli della mia coda!"Il giorno dopo Maruf portò il suo dromedario al mercato e lo vendetta di nuovo.Stavolta però lo aspettò inutilmente, perché Giamal non tornò più. Preso la strada del deserto e se ne andò fra le dune di sabbia dorata in cerca di avventure.